Esco in questo momento in cui sto scrivendo da una discussione su una campagna, fatta con dei responsabili di una nota Non Profit italiana. Questa importante associazione sta mettendo in atto un progetto che porterà grandi benefici ai piccoli produttori e a tutta la popolazione della zona di Amatrice e dintorni (dove c’è stato il terremoto nel 2016). Un intento nobile ed interessante, di sicuro appeal per qualunque potenziale donatore italiano.

Insomma: mandano una prima email di comunicazione alla loro enorme lista di prospect ed ottengono uno sconcertante 0,042% di redemption. Bassissimo, impossibile, qualcosa non va. Ne parliamo al telefono e mi mandano il materiale della campagna per vedere se capiamo qualcosa. Leggo il testo delle loro email e delle landing page e capisco almeno una delle cause della bassa risposta. Il testo suonava così:

“Con il tuo aiuto vogliamo finanziare:

  • l’acquisto del materiale A per la tal zona, che servirà alla tal cosa.
  • l’acquisto del materiale B per la tal altra zona, utile all’altra cosa.
  • la realizzazione del progetto C che consentirà di fare questo e questo alla gente della tal zona.”

Forse esagero, ma sembrava un comunicato della Provincia di Terni. Per forza se uno si vede arrivare questa email (peraltro lunga) non si trova a suo agio. E quindi la ignora. E quindi non dona!

Invece, guardate questo video della Lega del Filo D’Oro.

Pensate se invece che raccontare di Agostino in questo modo commovente e bellissimo, avessero detto: “Abbiamo intenzione di aiutare le persone sordocieche attraverso piani di recupero e il lavoro di professionisti psicologi e terapeuti. Donaci!”. Tecnicamente non sarebbe stato scorretto. Ma quanto sarebbe stato toccante? Zero.

“Martin Luther King didn’t get up 50 years ago and say: I have a budget and a plan!

Alan Clayton

Serve una storia

La Lega del Filo d’Oro racconta magistralmente una storia, cioè fa storytelling: un’arte bellissima, importante e spesso fraintesa. Da un sacco di tempo circola un “concetto di storytelling” che viene usato impropriamente dagli operatori del terzo settore nel descrivere quello fanno quando comunicano. Mettiamo subito in chiaro una cosa: storytelling non è la storia dell’organizzazione! Non è il “Chi siamo” che c’è in alto a destra nella navbar del sito web. Non è nemmeno una strategia, un business plan, un obiettivo e tantomeno una dichiarazione di intenti fatta da un fondatore 25 anni fa.

Lo storytelling è letteralmente l’arte narrativa che si sfrutta per rendere più emozionanti e comprensibili le proprie missioni e i propri progetti. Consente di coinvolgere il pubblico a fondo, di rendere memorabili i racconti e di capire ancora meglio sé stessi e il proprio lavoro.

E si tratta di storie vere e proprie, con i gli eroi del bene contro il male, le ricerche avventurose e le battaglie personali, vinte e perse. Tutto ciò appoggiato su solide fondamenta fatte di nomi, fatti, progetti ed eventi.

Non sto vaneggiando, riguardo a eroi e bene contro male. Pensate al video di prima: Agostino è il nostro eroe, che è nel pieno dell’infanzia e pronto ad affrontare l’avventura della vita che ha davanti, ma ha un antagonista nella sua malattia. Ci sono delle altre persone però, che lo supportano nella lotta: prima di tutto i suoi genitori e parenti, ma anche la Lega del Filo d’Oro. E Agostino, nonostante il nemico sia sempre lì alle porte, lotta tutti i giorni e vince le battaglie! Perché ora è in grado di farsi aiutare, nelle cose piccole e fondamentali come fare pipì o pronunciare la parola “mamma”.

È una storia bellissima. Tutti hanno interesse nel far parte di una storia bellissima. E tutte le organizzazioni hanno delle storie bellissime da raccontare.

Guardate a chi state aiutando

Quando le storie non vi vengono in mente vuol dire che vi state concentrando sul punto sbagliato. Dimenticate progetti e schemi. Guardate ai vostri beneficiari. Se ci pensate bene, ad un certo punto qualcuno sorriderà grazie al vostro lavoro. Ci sarà una persona felice. Farà un sorriso bello, sincero, pieno di gratitudine e di speranza e sarà perché voi avete fatto qualcosa, donando o lavorando per loro. Quello è il punto di arrivo di tutto, non i progetti. Quella è la prospettiva che dovete mostrare ai vostri donatori, attraverso lo storytelling.

Provate a rispondere a queste domande:

  1. Chi è l’eroe della vostra storia? È un bimbo povero o disabile che lotta per avere tutte le opportunità di una vita normale? Oppure è un contadino di Amatrice che vuole far ripartire la sua azienda?
  2. Chi è il nemico? La disabilità? La povertà? La fame? Il terremoto? Il senso di abbandono? Ce ne sono tanti…
  3. Qual è la battaglia? Quella fra eroe e antagonista! Una vita normale. Ripartire dopo la catastrofe. Far smettere le sofferenze. Salvarsi.
  4. Chi sostiene l’eroe? Verrebbe da dire l’organizzazione Non Profit e sicuramente sarebbe vero! Ma quando si è veramente raffinati la risposta da dare al donatore è: Tu! È vero che ci sono i terapeuti con Agostino, ma chi li finanzia e li manda avanti sei tu! Chi sostiene i progetti fatti dalle non profit nelle zone terremotate, sei sempre tu! Quindi partecipa e vinci la battaglia con noi!
  5. Come si fa a lottare insieme? L’organizzazione ha un piano concreto e sperimentato. Tu, donatore, puoi aiutarla a realizzarlo con un piccolo sostegno. Insieme, eroe, Non Profit e donatore possono puntare a ottenere un mondo migliore.

Ecco tutti gli ingredienti per mettere il donatore sul fronte dell’azione. Gli avete mostrato chi soffre, glielo avete presentato. Gli avete spiegato la sua fatica e come volete eliminarla. Infine gli avete fatto capire quanto sia importante il suo ruolo e vitale il suo sostegno. Non ha più scuse per non donare…

Narrare è facile

Quella di Agostino è una storia scelta nel dettaglio fra quelle di tanti assistiti dalla Lega del Filo d’Oro e narrata magistralmente, sia nella composizione del video che nello svolgersi della narrativa. Basta molto meno. Basta un testo, bastano poche foto fatte bene. Non esistono problemi di fattibilità, perché la forma più originaria dello storytelling è il semplice racconto.

Ci sono moltissimi fundraiser che hanno mostrato il bello del loro lavoro partendo dalle storie, vi faccio degli esempi che spero siano di ispirazione:

  • Guardate questa campagna di foto + video di charity: waterNarrativa semplice, primi piani dei volti e storie personali degli abitanti di Adi Etot, in Etiopia. Il loro lavoro è superlativo, confrontando la vita di queste persone, felici per il fatto di avere l’acqua, con quelle del pubblico. L’impatto è fortissimo.
  • Come si fa a parlare di nomi che non si possono dire? E a far vedere volti che non si possono mostrare? Il problema è sensibile, visto che quando si parla di minori o di persone con storie difficili non si possono diffondere le loro informazioni. Guardate come ha fatto Liberty in North Korea. I volti sono coperti, ma sono veri. Le storie si possono scoprire, ma senza mettere in pericolo i rifugiati!
  • Basta un tweet per dire tante cose. Questo messaggio di Generosity.org racconta di un progetto in svolgimento, pieno di speranza. Sicuramente dice dell’efficacia del lavoro svolto e dell’utilità che avrà per le 250 persone coinvolte.
  • Dicono molto anche i particolari che si usano nel dialogo. Non deve essere tutto esplicito. In questa campagna video della Emmanuel House for Girls parlano molto anche l’uso del bianco e nero e dei colori, la musica, i silenzi, le parti tradotte e quelle in lingua, le didascalie   
  • Ecco la presentazione di un progetto di The adventure projectNarrativa semplice che dice del problema e di come si opera. In questo caso il soggetto eroico è spostato sull’organizzazione e sul donatore. Probabilmente è una campagna pensata per stimolare i donatori già acquisiti a fare un passo in più in occasione del water world day 2011. In ogni caso è molto carino!
  • Ultimo che cito è The Humane Society, con questa piccola campagna Instagram. La foto è la conclusione positiva di una storia per questo piccolo amico, che ha un nome (Ricky Bobby), un passato di menomazione e una certezza nelle protesi che gli sono state date. Lo storytelling funziona alla grande anche con lui!

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