Eccome se ne vale la pena

Non penso che dovrei spiegare perché vale la pena di pubblicizzarsi tramite i social network. Infatti scommetto che tu, lettore, sei arrivato a queste righe passando da un social.
Ma se per caso sei arrivato per altra strada, te lo dico:

I social network vanno usati per il marketing e il fundraising perché sono praticamente fatti apposta

Perchè:

  1. Sono delle piattaforme che hanno un pubblico potenziale enorme e dove, se usate bene, si può creare la base per raccogliere tutti i supporter che potete desiderare. Nello slideshare qui sotto vengono presentati alcuni dati sull’utilizzo dei social network in Italia nel 2017.
  2. Digital in 2018 from We Are Social Consentono di segmentare in modo eccellente. Perché moltissime persone sono disposte a diffondere le loro informazioni sui social e quindi possono essere identificate con precisione. Nell’immagine sotto è possibile vedere la targetizzazione fornita da Facebook
  3. Hanno quasi tutti gli spazi necessari a mostrare contenuti coinvolgenti per i tuoi donatori: foto, video e storie e contenuti interattivi.
  4. Sono un terreno di scontro equo. Che tu sia grande o piccolo con un investimento comunque contenuto si possono ottenere risultati molto importanti
  5. Hanno un pubblico mediamente molto ricettivo, che presta volentieri attenzione a quello che gli viene proposto.
  6. Consentono di misurare il proprio successo nel dettaglio: se si sa dove si va forte o viceversa, dove i risultati non sono buoni, si capisce su cosa puntare, e viceversa. Una dashboard Insights di Facebook ti permette di avere accesso ad informazioni dettagliate sul tuo pubblico (età, genere, stili di vita, attività,…)
    Grafici di Facebook

E di motivi validi ce ne sarebbero molti altri!

I social sono solo un pezzetto

Con i like non si mangia, non si costruisce, non si creano rapporti e, soprattutto, non si raccolgono soldi. Magari le grandi organizzazioni riescono ad avere discreto successo in termini di raccolta delle donazioni direttamente sui social, ma per la maggior parte delle piccole-medie non profit non è proprio così.

Ricordate quindi:

I social network non sono un fine, sono un mezzo

L’errore che in molti fanno è quello di considerare Facebook e Twitter come dei canali diretti per il fundraising, quando in realtà andrebbero considerati come piattaforme in cui coltivare il rapporto con i propri sostenitori. I like (come le adesioni alle pagine, la quantità di uso di un hashtag, i repost…) sono un potenziale indicatore che si è sulla strada giusta, ma non sono un indice del successo del fundraising.

Occorre sempre fare un bilancio successivo e chiedersi: ma questo mio donatore, da dove arriva? È passato attraverso il mio sito venendo da Facebook? Oppure tutti i miei donatori non vengono dai social e sto perdendo tempo a postare?

Quindi non cascare nella trappola del vedere dei numeri alti che però non portano a conversioni e pensare che vada tutto bene. Occorre muoversi finchè quei numeri, quei like, quei follower, quelle condivisioni, portano a dei risultati utili.

E non prendertela con il social media manager. Non è colpa sua, il suo lavoro non è di fare fundraising. Se non viene fornito un percorso di conversione successivo all’adesione di un gruppo su Facebook è logico che i potenziali donatori si fermeranno là.

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