Quando si parla di design, la confusione, purtroppo, regna. Ponendo delle domande a persone del terzo settore che si occupano di comunicazione, aspetti grafici e produzione (dove il design è fondamentale) di solito le risposte sono confuse. Un mix di concetti estetici, fantasia e creatività, che però è ben lungi dal rappresentare veramente il valore di un buon design (e di un buon designer).
Per cercare di diradare un po’ la nebbia, propongo un decalogo estrapolato da alcuni ottimi libri, che scavano nel senso del design in modo molto pratico: guardando come reagiscono i destinatari del prodotto, della campagna, della comunicazione (poi dico anche i libri).
1. Il design è comunicare la cosa giusta
Tutto il design è una questione di comunicazione.
Il cattivo design è incomprensibile, il buon design è subito afferrato da tutti. Il buon prodotto di design fa intuire all’utente quale sarà la prossima mossa da fare: tutti, istintivamente, sanno usare un nebulizzatore spray, tutti riescono a usare una serratura e una chiave, tutti capiscono subito come leggere una piantina della metropolitana.
Dietro a questi oggetti però si nascondono meccaniche o concetti molto più complessi.
Il grande valore del loro design è rendere questi concetti facili da capire per tutti. Il design del vostro sito web, locandina, messaggio o post Facebook non dovrebbe avere scopi diversi da questo.
2. “Bello” è conseguente a “comprensibile”
Il fattore estetico è una questione importante. Aspirare a fare cose belle è un bell’obiettivo a sua volta, certamente. Tuttavia, non può essere il centro del dialogo che si ha fra progettista e utente. La prima cosa da fare è concentrarsi sul chi fruirà del design, immergersi nei suoi panni e interpretare come lui utilizzerà quel concetto. Il WWF fece una bellissima campagna per la Earth Hour nel 2013. Belli i colori, bello lo spazio libero, bella la sensazione che trasmette.
Sfido però chiunque non sappia che cos’è la Earth Hour a spiegarmi cosa significa questo poster. In questo caso ci si è concentrati un po’ troppo sul fattore estetico, pure con successo, ma ci si è scordati completamente del fruitore, che non capirà, si gratterà la testa e andrà a fare altro.
3. Il design lo decide il donatore
Diretta conseguenza del punto 2 è che il successo o meno del design è determinato dal fruitore. Se parlassimo di ristorazione, il successo di un piatto non dipende da quanto velocemente viene preparato, dall’aspetto che ha e nemmeno dal suo sapore, ma da quanto viene mangiato. A riprova di ciò ricordo che in aree con culture diverse dalla nostra si mangiano cose che noi butteremmo via senza neanche pensarci (provate a Googlare “weird Vietnam food”).
Il successo di una campagna di advertising, di una brochure, di un sito web eccetera, è deciso solamente da quanti donatori ne scaturiscono. O per lo meno occorre essere coerenti con l’obiettivo che ci si è posti: numero di lead, numero di visitatori, CTR, chi più ne ha più ne metta. Tutte le intromissioni tipiche che vengono fatte dai non addetti ai lavori (compreso il CdA) a dire la propria sull’argomento (“mi piace più questo, mi piace più quello”) non servono a niente.
4. Il design va conformato al canale
Diretta conseguenza del terzo punto è che occorre mantenere una comunicazione conformata al canale che si usa. Cioè se sappiamo che dovremo “parlare” attraverso un certo mezzo (digitale o non digitale), perché l’utente si trova tendenzialmente lì, dovremo conformarci a quel linguaggio.
Se si parla di un oggetto, il linguaggio è nel modo in cui lo indagano e lo usano gli utenti: cioè nella forma che gli si dà o nelle istruzioni apposte su di esso (come le porte con su scritto “Spingere”). Se si tratta di un sito web, andrà strutturato nel modo in cui gli utenti ne usufruiscono, per esempio deve essere responsivo. Se si tratta di un post su Instagram dovrà avere una foto di qualità adatta ad essere presentata. Se si parla di sé o della propria impresa è bene creare una linea di comunicazione omnicanale.
5. Il buon design arriva col tempo
I grandi design sono quasi tutti frutto di un’evoluzione, che non si arresta mai, neanche a risultato ottenuto. Un progressivo miglioramento passo passo fatto di tre cose:
- L’interpretazione sempre più precisa dell’uso che fanno le persone di quello che si progetta.
- Il miglioramento della scienza e della tecnologia.
- L’evoluzione di abitudini, usi e costumi, modelli di pensiero e mode.
6. Less is more. Il design parla anche per cose non dette.
L’horror vacui non serve a niente. Riempire un foglio o una pagina web di pulsanti, scritte e immagini, solo perché se ne ha disposizione, non è una mossa intelligente. Se si lasciano pochi elementi studiati bene, il navigante web, la persona che legge o che cerca un’informazione, saprà subito cosa fare.
Non è un lavoro solo grafico, ma una introspezione fino alle radici che muovono la tua organizzazione. Devi andare a scoprire la causa che muove tutto, perché è valida e perché è bello donare! E poi parlare solo di quello. Il resto generalmente a un donatore non interessa. Essere sintetici è tutt’altro che semplice, occorre molto lavoro per riuscire a parlare con poco, come in una landing page sintetica e dritta al punto.
Sapete qual è il motivo per cui vale la pena di donare? Per il sorriso di una bambina che può bere un bicchiere d’acqua. Le altre cose, il donatore che è arrivato fin qui, le sa già.
7. Il design è un viaggio, non una meta
Edison diceva:
“I have not failed. I’ve just found 10,000 ways that won’t work.
Capisci a chi ti rivolgi, capisci che cosa vuole e cosa preferisce il tuo utente, capisci come rendere più chiaro possibili quello che devi dire, manda in linea il tuo lavoro, sbaglia e ricomincia. Farai ogni volta un passettino di miglioramento. Se si interpreta un fallimento come un motivo valido per non tentare più, si sta facendo un errore.
Proprio per migliorarsi passo passo servono i test A/B e le indagini con i consumatori. A questo serve misurare il successo di quanto si fa, campagna per campagna. Il consiglio autorevole è: preparati fin da subito a un lavoro lento e di cesello. Molte volte ti ispirerai a lavori che vedi assolutamente eccezionali ma che non sono nati così! Sono nati mediocri e sono stati perfezionati fino a raggiungere il livello che hanno nel momento in cui li vedi.
8. Lasciati ispirare dai grandi del tuo settore
Il terzo settore è pieno di realtà che fanno un ottimo lavoro. Ognuna con le sue caratteristiche, le sue mission e le sue donor personas, da cui si può ricalcare una strategia. Non pensare di copiare in toto il lavoro degli altri, probabilmente le loro campagne sono strutturate su persone molto diverse dalle tue e quindi rischiano di non essere efficaci per il tuo donatore tipo. Però capita che si rimanga colpiti da un’idea o un particolare molto positivo e facile da riprendere (magari guardando questo blog potrebbe venire voglia di fare un blog a propria volta).
Sappiate che non è un delitto imparare dal lavoro di altri. Specie se si tratta di un lavoro con un successo conclamato. Se volete vedere per esempio una carrellata di bei siti, guardatevi il nostro articolo e ispiratevi.
9. Studiare è bello
Purtroppo questo non è scontato.
Volevate il titolo di qualche libro?
In attesa della sezione Libri di “design” del Digital Fundraising Toolkit, vi dico qualche titolo da cui ho estrapolato questi concetti.
- La caffettiera del Masochista. Un capolavoro scritto da un grande del settore. Parla del valore del design come strumento di comprensione della realtà. Peraltro, io l’ho acquistato in libreria in una versione molto economica (meno di 10 €).
- Don’t make me think. Già presente nel toolkit! Un testo facile e bello da leggere, dedicato a creare il corretto rapporto tra progettista e fruitore.
- Steal like an artist. Una visione nuova sulla creatività, che fa capire come tutte le idee nuove in fondo arrivano da quello che siamo e che abbiamo visto.
- Creativity, inc. Un pezzo di storia della Pixar. Perché non imparare direttamente dai creatori di capolavori come Toy Story, A Bug’s Life e Cars?
Anche blog di siti come Canva propongono delle ottime pratiche.
10. Impara a incassare le critiche
Sentirti dire che le cose potevano essere fatte in un modo diverso (ti risparmio la parola “meglio”) diventerà il 50% del tuo lavoro. Quando entra in gioco l’estetica e la visione distorta del design di cui parlavamo in introduzione, tutti cercheranno di infilarsi nel tuo lavoro per dire la loro.
Tieni a mente tre cose fondamentali:
- L’opinione di chi fa proposte è importante, ma se chi critica non è il nostro destinatario (ma per esempio un collega) non può essere il determinante assoluto. Bisogna confrontare tutte le opinioni con l’obiettivo del proprio design, facendosi questa domanda: “Si tratta di una passo verso l’obiettivo, o no?”.
- Se chi dà l’opinione è proprio il target e dà la sua opinione insollecitato, non si tratta di una critica, ma di una consulenza. Generalmente è meglio seguirla.
- L’umiltà è una virtù enorme. Spesso anche il designer vede il mondo senza riuscire a immergersi al 100% nel suo target. Chi accetta di considerare anche l’opinione degli altri vede con cento occhi, invece che con due. E non smette mai di imparare.
Cover photo by Hal Gatewood
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