Una donazione è solo una donazione? Sbagliato! Una donazione è molto più dei tanti (si spera) o pochi euro che porta.
Porta con sé un volto, una storia, un modo, un tempo e un luogo. Una miniera di informazioni, un bagaglio di notizie che ci aiuta a capire meglio chi sono e come agiscono i nostri donatori. Una piccola pepita che ci aiuta a carpire informazioni utili per migliorare il nostro fundraising. Un po’ come la Numero Uno di Paperon de Paperoni, da cui è partito tutto il suo impero.
Se una donazione fosse solo “un po’ di euro”, inizieremmo a trattare i nostri donatori come mere entrate di denaro che ci fanno respirare per un attimo, dimenticando che si possono creare delle amicizie che diventano donazioni regolari e che danno prospettive di lungo periodo alla nostra organizzazione.
Tutto parte da una domanda
È vero che una donazione porta dietro una barcata di informazioni: però il tutto non accade con la bacchetta magica, bisogna porsi le domande giuste. Innanzitutto, qualcuno ha deciso di donare per VOI. Tra le 300.000 organizzazioni non profit che ci sono in Italia, quella persona vi ha conosciuto, vi ha stimato e ha deciso di donare un po’ del suo tempo e del suo denaro per contribuire a costruire e portare avanti la vostra opera. Questa attesa non va delusa.
Come lei ci sono un sacco di persone che aspettano solo di potervi incontrare. Come le troviamo? Capendo di più sulle donazioni ricevute fino ad ora e scovando le persone simili a quelle che vi hanno già donato.
1. La prima domanda da porsi quindi è: Chi ha fatto la donazione?
Le tipologie umane sono le più disparate, basta solo decidersi: è uomo, donna, anziano, giovane, abita qui, abita lontano, ha figli, ha genitori a carico? Capire queste informazioni vuol dire avere una grande possibilità di individuare un trend, cioè individuare il motivo che spinge una classe particolare di persone a donare. Un principio economico dice: cogli la mela bassa, cioè utilizza prima le risorse a immediata disposizione. Se sai che un certo tipo di persone donano con maggiore facilità, dovresti provare soprattutto a rivolgerti a loro: meno sforzi per un maggior risultato.
Per esempio, se la mia organizzazione si occupa di madri single e scopro che al mio sostegno per le madri single partecipano tante madri di famiglie facoltose, posso organizzarmi per contattare soprattutto loro (un bel convegno per le mamme non fa mai male).
Altro esempio più facile: se rappresento una realtà locale, che ha impatto sul territorio di pochi comuni limitrofi al mio, è poco utile che vada a cercare sostenitori a duecento chilometri da casa.
2. Lo stesso vale per una certa area geografica. Da dove mi arriva la maggior parte delle donazioni?
Verificare la provenienza delle donazioni aiuta a capire in quale contesto geografico sono meglio radicato, dove ho fatto la campagna migliore, dove il mio sito raggiunge più persone.
Se invece ho fatto una campagna localizzata, per esempio posizionando un cartellone pubblicitario in una determinata località o ho organizzato una festa in un determinato posto, vedere le donazioni che arrivano da quel luogo mi dà una certa misura del successo delle mie campagne. E le misure servono a migliorare il proprio lavoro!
3. Come è stata fatta la donazione? In che contesto? Attraverso quale metodo di pagamento? Come ci è stata comunicata?
A volte il metodo di pagamento dice della persona, a volte persino dell’efficacia della raccolta.
Per esempio, un pagamento effettuato tramite carta di credito o PayPal significa che c’è qualcuno che ha visitato il nostro sito web e ha deciso di darci fiducia lì (suppongo che pochi mandino in giro i volontari con il pos in mano). Peraltro, quel tipo di pagamento arriva tendenzialmente da persone non troppo anziane che hanno dimestichezza coi pagamenti online.
Un pagamento effettuato con bollettino postale invece, può essere la riprova che il nostro donatore medio è una persona di una certa età, a cui piace ricevere posta cartacea con bollettino allegato precompilato che facilita il pagamento.
Un pagamento in contanti potrebbe arrivare direttamente da qualcuno vicino alla nostra organizzazione attraverso l’amicizia con un volontario della vostra associazione. In questo modo potrete magari scoprire che alcuni dei vostri più fidati volontari sono una miniera di lead possibili. E quindi: chi è il volontario? Come lo ha convinto? Su cosa ha fatto presa? Ricordati che i volontari sono le persone che meglio descrivono la tua organizzazione, perché hanno deciso di dedicare il loro tempo per quello che fate e hanno un entusiasmo che a volte i dipendenti stessi di un’organizzazione danno per scontato.
Infine: i trend sulle preferenze del metodo di dono stanno cambiando, siamo aggiornati? Unendo le statistiche da diverse fonti (tra cui il Giving Report 2017 e le ricerche dell’Istituto Italiano della donazione) si ricavano più o meno queste distribuzioni. Meglio considerarle attentamente.
4. Perché il donatore ha effettuato una donazione in quello specifico momento?
C’erano delle campagne in corso? Non è un segreto che la maggior parte delle donazioni arrivi nel periodo di Natale/Pasqua, quando ci si attiva per realizzare campagne di raccolta fondi più strutturate e complesse.
Ma cosa ha spinto esattamente il donatore a donare? O se abbiamo venduto gadget per raccogliere più donazioni, quali sono stati gli oggetti più venduti? Magari il panettone artigianale di Natale è molto più apprezzato rispetto alla colomba pasquale e quindi possiamo aggiustare il tiro per concentrare meglio i nostri sforzi nel periodo natalizio.
5. Quanto ha donato?
L’ammontare di una donazione è diversa da un’altra. Quello che dobbiamo chiederci è qual è la donazione media del nostro donatore tipo. Da lì possiamo partire per creare campagne di fundraising adatte a chiedere il giusto ammontare o a migliorarlo.
Impressiona osservare che charity: water, che è molto forte in termini di comunicazione, stia facendo una campagna fatta per raccogliere specificatamente 8,15 dollari. Perchè hanno fatto una scelta del genere? Lancio un’ipotesi. Immaginiamo che le persone a cui è rivolta la campagna sia la grande massa degli utenti social, sensibili allo storytelling, agli aspetti emotivi e alle decisioni degli influencer (come la piccola Nora). Probabilmente non fanno delle donazioni esagerate, anzi avranno un commitment generalmente basso e una donazione media di 6-7 dollari ciascuno (pura ipotesi). Portare queste persone a donare una cifra media di 8,15 dollari è una crescita delle entrate che va dal 15 al 35%. Mica poco. Anche perchè immagino che se uno aveva in mente di donare 10 dollari, tendenzialmente non penserà “Va be. Invece che 10 dollari, dono di meno”. Al contrario tenderà a arrotondare il suo dono portando gli 8 e 15 a 10. In modo da non farsi battere in generosità da una bimba simpaticissima di 6 anni.
Lasciando perdere ipotesi para-complottiste come quelle appena fatte, la cosa che tenevo a sottolineare è: se non si conosce il donatore anche per quanto dona, si fa fatica a stabilire una campagna con un obiettivo di crescita del dono. Quanto si deve far crescere una persona che non si sa quanto dona?
Vi faccio un esempio scemo ma molto concreto: come fate a sapere quanto dovete dimagrire se non controllate quanto pesate?
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